Una lezione

Il 24 gennaio del 2005, scompare quello che probabilmente sarà ricordato come "il Maestro" dell'Anglistica e Americanistica italiane.

Agostino Lombardo è stato brillante studioso e interprete della letteratura, della civiltà e della cultura inglese, americana e delle emergenti letterature postcoloniali di lingua inglese. Fondatore di numerose riviste e collane letterarie, da Studi Americani a Studi Inglesi; da Studi e Ricerche, alla Piccola Biblioteca Shakesperiana, alla ultima nata Memoria di Shakespeare, l’impulso che ha infuso negli studi culturali e letterari anglofoni è stato immenso, continuativo e capace di straordinaria energia innovativa. I suoi scritti, numerosi ed eterogenei, vanno dagli studi su Shakespeare (di cui ricordiamo la intramontabile Lettura del Macbeth) e traduzioni delle sue opere, a saggi, articoli e riflessioni sulla letteratura americana sin dalla sua nascita, e sulla scena letteraria anglosassone e anglofona dal medioevo ai giorni nostri.

L’attività di studioso e di traduttore si è sempre accompagnata a quella di docente universitario, nelle sedi di Bari, Milano e Roma “La Sapienza”, un’attività che Lombardo ha sempre considerato di eguale prestigio a quella di studioso e di conferenziere, l’insegnamento alle giovani generazioni come naturale complemento alla ricerca e alla riflessione critica. Critico militante, critico “a tutto tondo” come spesso egli veniva definito, Lombardo ha saputo conquistare giovani studenti e movimento accademico nazionale e internazionale grazie alla sua semplicità argomentativa, accompagnata a un’acuta capacità di analisi del testo letterario e di approfondimento critico dell’autore, del testo e del suo contesto.

Straordinaria personalità letteraria, accademica e didattica, Agostino Lombardo sapeva farsi volere bene praticamente da tutti i suoi studenti; per tutti aveva una parola di conforto, un consiglio, un suggerimento, un aiuto. E questo è stato il suo stile da sempre, e per tutta la sua attività: in "trincea" anche nel turbolento periodo del '68, che nel bene e nel male tanto ha significato per l'università italiana, Lombardo ha saputo appoggiare le giuste istanze di rinnovazione delle nuove generazioni di studenti; ha saputo mediare tra corpo docente (al quale, in virtù di una rapida e fulgida carriera egli apparteneva) e corpo studentesco; ha saputo contrastare con fermezza, correttezza e solidità argomentativa quelle contestazioni prive di vero fondamento e fini a se stesse.

Il 24 gennaio del 2005 non scompare quindi solo il grande "Maestro" dell'anglistica e americanistica italiane. Scompare anche un essere umano dotato di grande ricchezza e di grande affabilità capace di comunicare questa ricchezza e affabilità con umiltà e continuità alle giovani menti che ha formato nell'arco di un cinquantennio.

E scompare il "mio Maestro", con il quale mi sono laureato e "addottorato", lasciando un vuoto che non definirò incolmabile solo perchè i vuoti, sempre e comunque, sono destinati ad essere colmati. Riporto qui il mio personalissimo ricordo di Agostino Lombardo, pubblicato sulle pagine del bollettino dell'A.I.S.N.A., l'Associazione Italiana per gli Studi Nord Americani. Una pubblicazione che certamente non è destinata a costituire parte del mio "C.V." accademico, ma che sento comunque particolarmente mia.

Una lezione. Una lezione universitaria. Una come tante. No, certo che no. Come potrebbe essere una “come tante” una lezione di Agostino Lombardo. Fu una lezione universitaria delle sue, l’occasione in cui lo conobbi. Il dicembre del 1980, a Villa Mirafiori, nella leggendaria Aula VI. Trascinato da colleghi e colleghe di corso, decisi di seguire una delle prime lezioni Letteratura Anglo-Americana (l’insegnamento si chiamava così, allora), per poi decidere se inserire questo insegnamento nel piano di studi. “Vedrai, ti piacerà!” A me la letteratura americana non era mai piaciuta: al liceo, arrivava al termine del programma di letteratura inglese, e difficilmente si riusciva a studiarne abbastanza da poterne rimanere affascinati.

Ma quell’autore io lo conoscevo. Ovvero, avevo letto in inglese (l’inglese stentato dei liceali italiani anni ’70) due suoi racconti. Francis Scott Fitzgerald. E mi erano piaciuti! Male che fosse andata, avrei sentito parlare di un autore che conoscevo. E che mi era piaciuto.

Mi sbagliavo, ovviamente.

Conobbi Agostino Lombardo, e fui da lui trascinato nell’America degli anni ’20 e ’30. Al seguito di Nick Carraway, sulle orme delle gesta di Jay Gatsby.

L’aula VI era sempre stracolma. Bisognava mettersi in coda almeno mezzora prima per poter entrare e sedersi, anche solo per terra. Oppure frequentare anche la lezione precedente, durante la quale Lombardo teneva il corso di Letteratura Inglese IV, quello per il IV anno. Quello per gli studenti che si avviavano a concludere il percorso universitario.

Seduto per terra, attendevo che trascorresse il quarto d’ora accademico, da Lombardo sempre rispettato perché “gli studenti vengono da altre lezioni, e devono avere tempo per spostarsi”. Sempre così, per tutti gli anni che ho frequentato le sue lezioni. Signore e rispettoso di ogni singolo individuo che aveva la fortuna (l’onore?) di essere suo studente.

Seduto per terra, scomodo ma incuriosito di vedere chi fosse questa persona capace di attirare così tanta gente alle sue lezioni, vidi entrare Agostino Lombardo che si faceva strada tra la folla di studenti seduti, scherzando con loro per la difficoltà incontrata, chiedendo che cosa ci facessero li, che lui non era “Gandhi” o i “Beatles” e che non c’era nessun concerto.

Seduto per terra, assistei a quella prima (per me) straordinaria, coinvolgente lezione. Aveva ragione.. Non era un concerto ma una sinfonia. La voce di Lombardo era dotata di mille modalità, si alzava e si abbassava “a mestiere”, nei momenti determinanti della sua spiegazione. Il magnetismo di quella lezione, che si sarebbe ripetuto per mille e mille altre volte; la qualità affabulatoria; la dolcezza dell’impegno (quasi a voler comunicare a ogni singolo studente, con parole diverse, lo stesso messaggio); il senso di assoluto significato che egli sapeva dare a ogni argomento. Furono questi, e tanti altri ancora, i motivi che mi entusiasmarono nell’uomo Lombardo e nel professore Lombardo. Ai quali, il tempo avrebbe accostato lo studioso Lombardo, l’amico Lombardo, il padre Lombardo.

In breve tempo, decisi che avrei seguito anche le lezioni di Inglese IV, rammaricato solo di non poter sostenere anche quell’esame con lui. E negli anni successivi, ho sempre seguito le sue lezioni, anche dopo aver terminato di sostenere esami con lui.

Sono uno dei fortunati che hanno seguito le sue lezioni di Letteratura Anglo-Americana, quelle di Letteratura Inglese, quelle di Critica Shakespeariana, quelle di dottorato. E le conferenze, gli interventi ai convegni, le presentazioni, le lezioni magistrali. E Lombardo era sempre Lombardo. Sempre pronto ad adeguare il suo sapere (straordinariamente vasto, prodigiosamente acuto) e la sua arte comunicativa a qualunque pubblico: dal consesso scientifico di altissimo livello, al piccolo centro culturale, al pubblico radiofonico, agli studenti universitari, sia che fossero “matricole”, sia che seguissero la loro ultima annualità d’esame.

Capace come pochi altri di mettere in pratica le parole di Amleto agli attori: “Adatta l’azione alla parola, la parola all’azione, con questa particolare avvertenza, di non scavalcare la moderazione della natura. Perché ogni cosa troppo esagerata è lontana dai propositi del teatro, il cui fine dalle origini a ora, è stato ed è di tenere, per così dire, lo specchio alla natura, di mostrare alla virtù i suoi lineamenti, al vizio la sua immagini, e all’età e al corpo del tempo la loro forma e impronta.”

Quelle lezioni su Fitzgerald fecero nascere in me l’amore per la letteratura americana e rinforzarono quello per la letteratura inglese. E per la letteratura in quanto una delle massime espressioni della civiltà umana. E fecero sbocciare in me l’idea di leggere, studiare, scrivere e poi comunicare tutto questo ad altri, perché come Lombardo ci diceva spesso a lezione, insegnare e comunicare quello che si è appreso e scritto è l’unico modo tramite il quale l’essere umano può garantire continuità alla sua storia individuale e collettiva.

E studiare, scrivere e insegnare è la mia passione ed è il modo migliore che ho (che noi tutti abbiamo) per onorare la fortuna che abbiamo avuto. Avere Agostino Lombardo come uno dei nostri massimi maestri.

Conobbi il mio Maestro lo stesso giorno che incontrai la ragazza che sarebbe poi divenuta mia moglie. Potrebbe esserci giorno più fortunato?

 

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